Scoprite con noi i segreti che giacciono dietro i vini Papali

Fin dall’Antico Testamento il vino è sempre stato presente come simbolo di vita, gioia e festa ora accompagnando banchetti (nozze di Cana) ora suggellando grandi momenti (Abramo), fino a diventar parte della liturgia Cristiana.

Ma cos’è oggi il vino usato durante la messa?

Negli ultimi decenni il classico rosso sangue (di Cristo) è stato sostituito generalmente dal bianco meno visibile in caso di macchia. Si prediligono vini liquorosi, con alta gradazione alcolica, come il Vin santo toscano prodotto da uve Trebbiano e Malvasia.

Ma chi produce vino da messa? Spesso si tratta di monasteri, conventi, istituzioni religiose, come il convento di Santa Chiara di Montefalco, da cui proprio grazie al recupero delle barbatelle (piantine) per la produzione di vino da messa è partito decenni fa il rilancio del Sagrantino, uno dei grandi vini dell’Italia centrale.

Ma oltre ai vini prodotti per le celebrazioni esiste un legame molto stretto tra la chiesa ed il vino. Il vino di Orvieto venne ribattezzato il “Vino dei Papi“, poiché nel periodo in cui la città visse sotto l’egida dello stato Pontificio molti papi vi risiedevano e si narra che molti pontefici ne erano grandi estimatori.

Anche la Vernaccia di San Gimignano era un vino di pregio, presente sulle tavole dei nobili dell’epoca e grazie a Dante scopriamo che Papa Martino IV aveva un debole per questo nettare.

In conclusione non possiamo non citare il vino che per etimologia è il vero e proprio simbolo dei vini Papali: lo Châteauneuf-du-Pape. Durante il papato Avignonese (1309-1377) i papi elessero la propria dimora estiva in questa cittadina chiamata allora solo Châteauneuf (CastelNuovo) apprezzandone il vino lì prodotto. Solo nel 1893 si è giunti al nome attuale che è sinonimo di un grande vino. Il disciplinare autorizza l’uso di 13 vitigni, ma al giorno d’oggi solo 3 o 4 vengono assemblati per creare il vino simbolo della Côtes du Rhône Meridionale.

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