C’è una storia millenaria dietro la tecnica della vinificazione in anfora. Le sue radici affondano nella regione del Caucaso, in Georgia. Questo Paese è uno dei più antichi paesi produttori di vino del mondo e gli archeologi hanno riportato alla luce anfore, conosciute localmente come kvevriche che datano di circa 8000 anni fa. Essi svilupparono la tecnica della macerazione, della fermentazione, dell’invecchiamento e della conservazione del vino in questi grandi recipienti di terracotta seppellendo questi enormi vasi di argilla nella terra per evitare che le temperature diventassero troppo elevate e bloccassero la fermentazione. Oggi, i kvevri sono ancora utilizzati in Georgia per produrre i vini tradizionali della regione.
Se nel tempo l’uso di questi contenitori è stato abbandonato in favore di altri materiali come il legno, la tradizione in anfora è proseguita nel tempo, ma è negli ultimi anni che questa tecnica di vinificazione sta assumendo un ruolo centrale in Italia grazie al lavoro di Josko Gravner.
Giorno dopo giorno sono sempre di più le aziende vinicole che stanno percorrendo la strada dell’anfora il cui materiale cotto a temperature variabili, consente grazie alla sua porosità una buona ossigenazione del vino e al tempo stesso permette all’uva di esprimersi liberamente, senza influenzarla.
Quando parliamo di vino in anfora spesso usiamo il termine più “internazionale” Orange Wine, poiché il vino prodotto in questi contenitori assume un colore carico ed aranciato, cerchiamo di capirne il perché: la micro-ossigenazione del mosto consente di macerare a lungo i vini bianchi sulle loro bucce senza causarne l’ossidazione e modulandone l’astringenza. I vini sono più ricchi, quasi masticabili in bocca, a causa della macerazione e normalmente la maggior struttura polifenolica consente di conservarli più a lungo nel tempo. Tutto questo mantenendo le caratteristiche principali del vitigno. Inoltre, la forma arrotondata delle anfore facilita la messa in sospensione delle fecce fini del vino, aumentandone le sensazioni di grasso e morbidezza.
Ma passiamo ai vini che abbiamo degustato per voi.
Sophia, Campania IGT, 2019, Cantina Giardino.
Questo vino è prodotto con 100% di Greco di tufo, la pigiatura viene effettuata manualmente con torchio di legno, fa fermentazione e macerazione per 6 mesi in anfore di terracotta di circa 200 litri con soli lieviti indigeni, senza filtrazioni o chiarifiche e senza aggiunta di solforosa. Il risultato è sorprendente: un vino autentico che evolve nel bicchiere e che dal primo sorso ad una temperatura di 8/10° si è rivelato di gradevole e piacevole sorso fino a raggiungere la torrida temperatura ambiente di questi giorni di agosto. Ha accompagnato gli abbinamenti e la serata da grande protagonista facendo parlare di se fino all’ultima goccia.
Colore: ambra carico; non limpido.
Naso: confettura di albicocche, mela annurca, sciroppo d’acero, timo, anice finocchietto, orzo. L’acidità volatile caratteristica di questa tipologia di vino è leggerissima.
Gusto: L’astringenza è la prima cosa che colpisce il sorso di Sophia. Buona la freschezza. Al gusto le note vegetali sono più prevalenti rispetto al naso. I sentori olfattivi si ritrovano tutti ben equilibrati.
Abbinato con anca di pollo disossata (marinatura a base di differenti pepi) piastrata con pomodorino giallo caramellato. Anche cromaticamente erano in perfetto pendant!
Quartara, Campania IGT, 2016, Lunarossa.
Il Quartara è prodotto con uvaggio Fiano, questo vino nasce con la fermentazione delle uve all’interno di otri di terracotta (quartare) interrate nella bottaia della cantina, con una macerazione sulle bucce che dura dai 60 ai 90 giorni. L’affinamento in legno per 10 mesi completa questo vino, mai banale e particolare nei suoi aromi floreali.
Colore: giallo dorato intenso. Limpido
Naso: Fiori di zagara, origano, liquirizia fresca, datteri, cioccolato bianco, toffee, nota tostata marcata.
Gusto: Ottima freschezza e mineralità (caratteristiche del vitigno). La nota floreale è intensa anche se i sentori di tostato sono molto prevalenti.
Abbinato con salsiccia marinata e cotta nella birra e alloro.