Le perle del golfo di Napoli: Ischia, Capri e i loro vini.
Mare, vulcani, boschi, giardini, e soprattutto viticoltura eroica sono le caratteristiche di un paesaggio che ci lascia a bocca aperta. Capri e Ischia le maggiori isole del golfo di Napoli ( Procida, Vivara e Nisida sono le tre sorelle minori) sono ben conosciute per le loro attrattive turistiche, ma non tutti sanno che sono delle eccellenti zone di produzione vinicola. La prevalenza delle varietà coltivate sono il Per’e Palumm’ (piedirosso), Biancolella e Forastera per le viti a bacca bianca, ma ogni isola ha le sue caratteristiche.
Ischia, l’isola verde, sebbene condivida con i Campi Flegrei la natura vulcanica del suolo, si caratterizza e si differenzia dalla produzione della vicina terra ferma soprattutto per il clima, le uve e le pratiche vitivinicole. Fin dal XIII secolo i suoi vini erano apprezzati e venduti non solo a Napoli ma arrivavano in Toscana, Sardegna e perfino in Francia. L’ isola, con una grande e storica vocazione agricola, assiste al boom turistico negli anni ’60 del secolo scorso; l’industria alberghiera, la ristorazione e l’edilizia “selvaggia” creano un nuovo motore economico che toglie uomini e terra alle vigne. La superficie vitata si riduce drasticamente e la produzione ne risente. Dovremmo aspettare il nuovo millennio per assistere alla rinascita e alla rivalutazione della produzione vinicola della DOC Ischia, soprattutto grazie a qualche produttore che le ha ridato lustro. Ci interessa sottolineare che il soprannome dell’isola non è dovuto esclusivamente alla folta vegetazione che la ricopre, ma anche al tipo ti tufo verde prodotto dalle eruzioni dell’Epomeo; il suolo su cui viene coltivata la vigna, quindi è ricco in materiali silicei, potassio e sodio che conferiscono spiccata sapidità e mineralità ai vini. Come altro aspetto caratterizzante dei vini ischitani va considerato il clima che, sempre grazie al Monte Epomeo, gode di una netta differenza tra zona costiera ed interna dove le temperature sono più basse anche per la presenza di vegetazione e per l’altezza a cui si trovano i terrazzamenti (dai 200 ai 600m slm). Le uve allevate (quasi sempre a piede franco grazie al suolo vulcanico), sono principalmente bianche : Biancolella e Forastera. Il biancolella ha un quadro aromatico ampio, ricco di sentori fruttati e floreali, e come il Forastera regala picchi di sapidità e mineralità capaci di rendere il sorso fine ed elegante. Mentre il piedirosso è il vitigno autorizzato per la produzione della versione rossa.
“Capri, regina di rocce, nel tuo vestito color giglio e amaranto son vissuto per svolgere dolore e gioia, la vigna di grappoli abbaglianti conquistati nel mondo, il trepido tesoro d’aroma e di capelli, lampada zenitale, rosa espansa, arnia del mio pianeta. Vi sbarcai …” così Pablo Neruda descrive l’isola nel 1952. Come lui in tanti sono stati stregati dalla sua bellezza, primo tra tutti Tiberio, che fece costruire dodici ville, fino ad arrivare ad oggi considerata la perla glamour del Tirreno. Ma parliamo di vino, la grande differenza di quest’isola dall’areale ischitano è la composizione dei terreni, poiché Capri è il proseguimento dei Monti Lattari, con suoli di origine carsica e quindi calcarei con la presenza solo superficiale di residui piroclastici. Il clima è mite su tutta l’isola senza particolari differenziazioni in zone. Anche qui la vigna è allevata su terrazzamenti che si affacciano sul mare.
Come per la produzione ischitana anche la DOC Capri solo recentemente ha ritrovato il degno spazio nel panorama nazionale, ma va considerato che la produzione è piccola e che gli ettari vitati sono solo una quindicina. Le varietà che incontriamo sono Falanghina e Greco che in blend ( può essere usato anche una parte di Biancolella) fanno il Capri DOC bianco, mentre anche qui il piedirosso è presente in prevalenza per la versione rossa.
L’assaggio di questi vini, magari in vigna sui terrazzamenti a picco sul mare non potranno che restare impressi nella memoria di noi umili “bevitori” mortali.
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